

A Goito una farnia dei Gonzaga

A Goito una farnia dei Gonzaga
Acquaforte, 1997
mm. 397 x 491
tiratura in 90 esemplari
A Goito una farnia dei Gonzaga di Giovanni Raimondi
Goito, nella pianura mantovana, affascina finissimi letterati; cultori della “storia patria”; raffinati mangiatori; appassionati amanti degli alberi. E qui, di alberi monumentali, ce ne sono ben tre.
Goito per i letterati. Era di qui Sordello, il grande trovatore e giullare di corte che soggiornò in Italia presso Ezzelino da Romano e in Provenza da Raimondo Berengario IV; e che dal 1200 ci ha fatto pervenire un poemetto sulla morale cavalleresca, il Compianto in morte di ser Blacatz, e una quarantina di composizioni in provenzale. Dante lo ha collocato nel purgatorio, accrescendone la fama. Nel sesto canto della Divina Commedia, Virgilio pronuncia la parola “Mantua” forse con una inflessione mantovana (ma Dante questo non lo scrive); e un’ombra, “tutta in sé romita”, l’ombra appunto del trovatore, “surse ver lui del loco ove pria stava” dicendo: “O Mantovano, io son Sordello de la tua terra! E l’un l’altro abbracciava”.
Goito nella “storia patria”. Qui si svolsero nel 1848 due sanguinose battaglie. Il paese era tenuto dagli austriaci. E l’8 aprile i bersaglieri e la brigata Regina misero in fuga le avanguardie nemiche. Poi, messa a tacere l’artiglieria austriaca, le truppe piemontesi mossero ancora all’attacco, costringendo gli austriaci a ritirarsi. Ma dopo meno di due mesi Radetzki si ripresentò. Rinforzato da un corso di riserva, il 27 maggio uscì da Verona, entrò in Mantova il 28, il giorno successivo schiacciò le deboli forze toscane a Curtatone e puntò su Goito. Mentre alcuni reparti piemontesi stavano sfaldandosi, Vittorio Emanuele, allora Duca di Savoia, sferrò un forte attacco alla baionetta. Radetzki ordinò, ancora una volta, la ritirata, per evitare probabilmente altre vittime fra i suoi soldati. Sul campo ne rimasero 600. I piemontesi, vincitori, ne perdettero 2000. Lo stesso Vittorio Emanuele rimase lievemente ferito. Ed è stato alzato un monumento nel luogo dove il re fu colpito.
Goito per i raffinati mangiatori. Accanto al ponte sul Mincio, dove infuriarono le battaglie, c’è un ristorante: Al Bersagliere. Sulla secolare facciata alcune lapidi ricordano la storia di quei vittoriosi soldati; e all’interno, c’è un luogo di delizie che richiama da ogni parte i cultori di raffinate cucine, con adeguati mezzi finanziari.
Goito per gli amanti degli alberi. Alla fine del Cinquecento, il “Bosco della Fontana”, parco e luogo di delizie dei Gonzaga, con in mezzo il castello di caccia costruito dal Duca di Mantova, si estendeva dalla zona di Marmirolo fino a Goito. Un brandello di quel bosco è nel parco Bertone, con due colossali alberi (un pioppo nero che svetta a 36 metri, un gingo a 41) e un albero isolato si trova a Sacca di Goito. È una bellissima quercia, più precisamente una farnia: circonferenza del tronco quasi cinque metri, altezza oltre ventiquattro. Il 29 agosto 1993 un violento nubifragio ne spezzò alcuni rami. L’albero dovette subire drastici interventi chirurgici, che ne hanno ridotto la chioma, alterandone il felice equilibrio. Ma si è ripreso bene. È ancora imponente in mezzo al grande campo, e alle spalle di un edificio agricolo certamente con basi antiche, un castelletto probabilmente. E può essere ammirato dalle stradine che lo circondano.

